FROZEN CROWN – Radici universali

by Dario De Marco

In occasione del release party di “The Fallen King” dei Frozen Crown, al Legend Club di Milano, abbiamo avuto l’occasione di fare due chiacchiere con due dei membri ufficiali della formazione: Federico Mondelli, chitarrista, tastierista, voce scream/growl e fondatore e Giada Etro, cantante della band. Buona lettura! 


Ciao ragazzi, piacere di conoscervi di persona, come state?

Ciao Dario, bene grazie e tu?

Bene, sono felice di essere qui stasera al party del vostro debutto discografico e primo show in Italia, sono molto curioso di conoscere  la vostra storia, potete raccontarci come vi siete formati e da quanto tempo siete insieme?

Federico: Sì, volentieri! Dunque, in realtà come band siamo insieme da pochissimo e abbiamo suonato relativamente poco, dato che tutto questo è nato inizialmente come un progetto solista da studio con un’immagine ancora non ben definita. Il nucleo originario comprendeva me e Giada, inclusa nel progetto non appena i pezzi iniziavano a prendere forma e a richiedere maggiori sfumature dal punto di vista vocale. Solo in seguito, quando i pezzi erano ormai conclusi, abbiamo deciso di creare una band vera e propria, includendo Filippo (che già ci aveva aiutato con le registrazioni delle preproduzioni), Alberto alla batteria e Talia alla chitarra.

È stato davvero un inizio molto positivo: in base a ciò che posso esprimere dai miei primi ascolti, siete una band Power Metal di base, ma avete incluso diverse altre sfumature dal Progressive, alle cavalcate Heavy, al Melodic Death, Death e Black. Vogliamo ora parlare di come è nato il nome “Frozen Crown” e dire qualcosa in proposito dell’artwork di “The Fallen King”?

F: Certo, beh, dell’artwork mi sono occupato personalmente, l’ho sempre fatto io per tutti i miei progetti. Credo che qualsiasi band o progetto musicale non possa essere scevro da un’immagine o un concept che le rappresenti. I Judas Priest ad esempio erano i Judas Priest sia per la loro musica, ma anche per le loro copertine e il loro immaginario delineato con i testi. Queste immagini sono sempre state un elemento molto fondamentale per le band (ad esempio Eddie per gli Iron Maiden o Vic Rattlehead per i Megadeth). Nel nostro caso, alla base c’è il concetto nordico ed epico perché il progetto nella sua interezza è come un tributo al Metal in generale, il genere che tutti noi amiamo in maniera diversa e abbiamo creato una sorta di revival di qualcosa che non sentivamo più in giro da tempo, ricordandolo come lo sentivamo a fine anni ’90 – primi 2000 o anche prima. Anche quelle band che una volta rappresentavano quel tipo di musica, oggi sono cambiate e vogliono sperimentare qualcosa di nuovo. Noi al contrario abbiamo voluto partire dalla base e di conseguenza il discorso del tema epico è legato sia ai Manowar che al Power in generale, anche se i testi hanno in realtà una connotazione abbastanza universale.

“The Fallen King” si può definire quindi un concept album oppure no?

F: Ognuno dei testi diciamo che racconta una storia a parte, io ne ho scritti sette e Giada tre. Sono tutte storie isolate fra di loro ma hanno tutte un filo-conduttore che è appunto l’epicità. La cosa importante è soprattutto l’atmosfera. Quando tu ascolti il disco e leggi i testi devi ascoltare quella determinata atmosfera. I brani sono quindi legati da questo filo-conduttore, ma non è un concept album.

Avete in mente di fare un tour all’estero per promuovere l’album? In Giappone ad esempio?

F: Per quanto riguarda il Giappone il disco è già uscito da tempo e l’etichetta che se ne occupa ci sta già lavorando e loro (riferendosi a Giada e Talia) hanno già colto un po’ di feedback dai fan giapponesi (ride, n.d.r.).

Giada: Pensa che abbiamo avuto il fanclub ancora prima che uscisse il primo singolo.

F: Per quanto riguarda invece l’Italia e l’Europa abbiamo avuto proposte da quando è uscito il primo singolo e stiamo quindi cercando di organizzare qualcosa per promuovere l’album, probabilmente ci dedicheremo il fine settimana, ma è ancora tutto un’incognita, lo annunceremo a tempo debito.

Parlando dei testi dell’album, li vogliamo analizzare uno ad uno, raccontandoci le storie o le tematiche affrontate? Parliamo inizialmente di quelli che hai composto tu, Federico.

F: Molto volentieri. Partendo dal primo, “Fail No More”, è un testo molto motivazionale, e come ti dicevo prima è un testo molto funzionale alla musica che lo accompagna. Lo possiamo descrivere quindi come un testo motivazionale che parla delle sfide quotidiane che si colora di epicità quando va a toccare determinati termini appartenenti all’ immaginario epico. “To Infinity” parla invece delle aspirazioni personali e di come portarle a termine. A differenza di “Fail No More” in cui, essendo veloce come pezzo, abbiamo usato termini più aggressivi, “To Infinity” fa riferimento a immagini più eteree e delicate, anche nei termini, dato che è un pezzo estremamente femminile e anche la componente vocale è differente dal precedente. “Kings” è molto simile a “Fail No More” a livello concettuale. Ben diverso è “I Am The Tyrant”, brano fantasy che descrive una misteriosa figura che ricorda un po’ Dracula o Satana, un antico monarca che viene al mondo prima della nascita dell’uomo, viene messo nelle viscere della Terra e aspetta la sua vendetta, così marcerà sulla Terra con il suo esercito di Non-morti. Tutti coloro che hanno recensito il disco, senza aver ancora letto il testo, hanno detto che questo pezzo evoca una “cavalcata di guerrieri” e in effetti ciò che viene evocato dalla musica si rispecchia quindi anche nel testo: il pezzo descrive la cavalcata di un’armata comandata da questo Re, e qui subentra la voce maschile, sono io che canto questo pezzo interpretando questo Re. “The Shieldmaiden” fa riferimento alla figura mitica della donna guerriero della cultura norrena, ed è stata interpretata da Giada.

G: Tra l’altro io mi ci rispecchio e identifico molto in quel pezzo, anche se lo ha scritto lui.

F: I pezzi ovviamente sono stati scritti e adattati su quella che è la sua voce e sulla sua figura. La musica è legata ad un immaginario. Quindi la sua figura, il suo modo di stare sul palco, il suo timbro, mi hanno fatto pensare a questa figura della “Shieldmaiden”. Il discorso dei testi è nato anche dopo l’entrata dei membri nella band, e sono stati cuciti addosso ad ognuno di loro. “Queen of Blades” è un pezzo per tutti i nerd (non ti nego che un po’ in tutto l’album ci sia l’influenza della Blizzard Entertainment) e ha un indiretto riferimento a Sarah Kerrigan, un personaggio di Starcraft, ma parla della metamorfosi come passaggio ad uno stato superiore, il Superuomo, e prende quel titolo perché Sarah Kerrigan da personaggio positivo e membro degli umani viene a contatto con i parassiti Zerg e diventa un mostro e leader degli Zerg. Considerando che noi scegliamo i titoli dei pezzi solo dopo aver scritto il pezzo, è nel titolo che c’è il riferimento al personaggio, mentre il pezzo parla di metamorfosi. “Netherstorm” è un altro riferimento alla Blizzard e musicalmente è ispirato molto ai Borknagar, uno dei miei gruppi preferiti e rende, come abbiamo detto prima, una sorta di tributo al Metal in generale colorandosi di tinte più pagane. Già nel momento in cui l’ho scritto è stato identificato come quello che doveva essere il pezzo finale del disco e parla di un’Apocalisse, un mondo in rovina e musicalmente presenta tinte Death Metal. È un’Apocalisse Pagana perché descrive l’avvento di creature che incarnano la Natura e prendono il sopravvento sulla civiltà. Questo è tutto ciò che riguarda i testi scritti da me.

Passiamo ora la parola a Giada, che ci racconta dei tre brani di “The Fallen King” che ha scritto personalmente.

G: Dunque, “Chasing Lights” è un pezzo che in realtà è nato 15 anni fa, è rimasto fermo e aspettava il momento giusto e la persona giusta per esser fatto fiorire. È un testo abbastanza introspettivo e legato ad alcune sensazioni che ho vissuto in questi anni in diversi contesti. È introspettivo, malinconico ma lascia una libera interpretazione a chi lo ascolta, perché in un modo o nell’altro chiunque ci si può identificare, dato che tutti nella nostra vita abbiamo intrapreso percorsi rincorrendo in maniera sbagliata obiettivi che non sono quelli giusti per noi. Io ho ripescato nel mio passato ciò che mi dava malinconia. “Across The Sea” è un testo dove ho speso abbastanza tempo, dato che ci tenevo che venisse bene. È un pezzo che prende emotivamente e mi ricorda i primi tempi in cui ci siamo ritrovati a lavorare io e Federico a casa mia. È stato ragionato al meglio per dare musicalità alle parole, ragionare sulle rime, ci ho messo in sostanza tutto quello che potevo per renderlo il più completo possibile, anche grazie a Federico, che mi ha dato la spinta per lavorare più attentamente determinati punti. Anche qui ho voluto creare una metafora: descrive la storia di una persona che continua a viaggiare, senza identificar bene la sua destinazione fino a quando capisce successivamente qual è quella vera e quali sono i valori a cui tiene.

Possiamo analizzare meglio la metafora?

G: Sì, certo… Inizia dicendo “Nell’oscurità della notte mi sentivo incompleto, arrivare alla luce per i miei occhi è stato difficile”: nella vita, in pratica, dopo aver fatto scelte sbagliate e aver frequentato compagnie sbagliate, perché la società ti diceva che quella era la cosa giusta da fare, se continuerai ad auto importi che quelle scelte sono giuste, arrivare alla luce è difficile. Quando riesci a prendere contatto con la tua natura è sconvolgente. Spesso però non lo riesci a capire prima, perché sei inesperto, ma grazie anche agli errori hai capito cosa desideri veramente e quindi niente in sostanza è una perdita di tempo.

Riguardo a “Everwinter” il messaggio tra le righe è rivolto alla società, ricalcando aspetti favolistici e fantasy, in cui l’uomo con comportamenti negativi legati all’egoismo e all’avarizia, a tutto ciò che danneggia i rapporti interpersonali, va a creare una società che è marcia in partenza. È stato reso però tutto molto dolce, la melodia è ciò che colpisce ed è il pezzo per cui abbiamo avuto il feedback maggiormente positivo, ma il messaggio è piuttosto aggressivo in contrapposizione.

In pratica possiamo quindi affermare che “The Fallen King”, oltre all’ immaginario fantasy, presenta molti lati introspettivi?

G: Diciamo in sostanza di si. Cerca di venderti attraverso una “caramellina fantasy zuccherata” un messaggio che sta all’ascoltatore prendersi un attimo per leggerlo e farsi anche una domanda. Noi siamo apertissimi e nulla è lasciato al caso di quello che abbiamo scritto, anche per lasciare libere interpretazioni.

Grazie Federico e grazie Giada per l’ottima analisi… ho ancora due domande che suscitano la mia curiosità: nell’album si notano parti orchestrali in determinati punti, ci sono strumenti suonati da altre persone?

F: In realtà no, sono parti elettroniche di tastiera che ho suonato personalmente, non ci sono strumentisti che hanno suonato gli archi, ma li ho creati con le tastiere e i sintetizzatori.

In ultimo posso aggiungere che avete un punto di forza nella vostra giovane chitarrista Talia, sono rimasto impressionato dalla grinta e dai suoi virtuosismi, voi cosa mi dite a proposito?

F: Talia è una chitarrista mancina, molto brava e ha un suo stile molto caratteristico anche a livello di immagine, abbraccia veramente vari ambiti nel suonare, non solo quelli neoclassici, ma anche il Blues, il Thrash. È una grande fan di Joe Satriani, di Steve Vai e dei Megadeth.

G: Se posso esprimere un modestissimo parere, sentendola suonare posso dire che è un fenomeno e siamo molto contenti di averla con noi.

Per ora è tutto vi ringrazio molto della piacevole chiacchierata, ci vediamo on stage!

A presto Dario e grazie a te! Un saluto e un abbraccio a tutti i lettori di Metalpit.it da parte dei Frozen Crown!

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