WHILE SHE SLEEPS – Le nostre parole sono la loro voce

by Margot Furlanis

Durante l’assolato pomeriggio di domenica 21 gennaio 2018, ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere al Legend Club di Milano (MI) con i chitarristi Sean Long e Mat Welsh, della band metalcore britannica While She Sleeps. Nonostante fossero provati dal tour non-stop e dal lungo viaggio Roma-Milano, si sono rivelati disponibili e davvero divertenti! Le risate, infatti, non sono di certo mancate. Potete trovare qui live report e photogallery della serata. Buona lettura!


Ciao! Mi chiamo Margot e sono di Metalpit.it – una webzine italiana. Sono molto eccitata di conoscervi! Grazie mille per aver accettato di spendere un po’ del vostro tempo con me.
Ieri avete suonato a Roma. Qual è stata la reazione dei fans italiani e quali sono le vostre aspettative per stasera?

S: Grazie mille a te! Era la nostra prima volta a Roma, in assoluto. Non ci eravamo mai stati se non come turisti. E di solito non sappiamo mai bene cosa aspettarci quando suoniamo per la prima volta in un posto. Avevamo già suonato a Milano ovviamente, ma mai a Roma. Abbiamo potuto portare materiale nuovo e vecchio… Quindi sì, è stato davvero fantastico.

M: Bellissima reazione quella di ieri sera a Roma! Il concerto è stato incredibile. E non vediamo l’ora per stasera!

Come avviene il processo di scrittura di un vostro album?

S: Beh, non è che ci venga l’ispirazione tutta d’un colpo. Di solito, comunque, qualcuno scrive la musica e qualcun altro scrive i testi… durante lo stesso periodo magari. E a volte proviamo a combinare dei testi con delle musiche, e vediamo quale ci convince di più.

M: Beh, sì… possiamo prende come esempio la pasta e la salsa di pomodoro. Puoi mettere la pasta nella salsa, oppure la salsa nella pasta.

S: Sì esatto! L’importante è aspettare che la pasta sia pronta e che tutti gli ingredienti siano ben uniti.

Beh, direi che è un’ottima metafora adatta a noi italiani!

S: Ahahah beh, sì… Io penso che forse è per questo motivo che i nostri album, e magari vale anche per altre band, non so, ci mettono tempo ad uscire fuori. Può essere che per un po’ di tempo, magari anche un mese, non arrivi alcuna ispirazione. Nessuna scintilla. Ma noi aspettiamo il momento giusto. E richiede del tempo rendere tutto speciale.

Parliamo ora del vostro ultimo album “You Are We” (che ho personalmente adorato). I brani risultano molto personali ma al tempo stesso affrontate spesso temi politici globali, come la guerra e il terrorismo. Cosa vi ha spinti ad affrontare tematiche così importanti e difficili?

M: Penso che questo sia comunque una parentesi del processo di trascrizione di un album. In questi anni ci sono stati così tanti cambiamenti… e tutti ne parlano, tutti sanno. Noi cerchiamo solo di riflettere questi problemi che tutti hanno, facendone qualcosa di globale. Insomma… è come se tu avessi un problema e io ho il tuo stesso problema, e ne discutiamo insieme. È qualcosa di mentale. E ovviamente è anche così che riusciamo a creare audience: le persone vengono ai nostri concerti, ascoltano le parole delle nostre canzoni, e si riconoscono in questi messaggi.

S: Sì, è come quando ti capita di dire a una persona “Oh, stai dicendo proprio quello a cui stavo pensando!”. Penso che una band faccia questo quando è sopra un palco… solo che per migliaia di persone. Persone che magari non sanno bene come esprimersi, e le nostre parole sono la loro voce.

Qual è la vostra canzone preferita di “You Are We” da suonare live? E perché?

M: Penso che per me ogni sera cambi…

S: A me piace molto “You Are We”. Non è così difficile da suonare… ed è molto equilibrata. In più è una canzone molto forte.

M: Mi piace molto “Silence Speaks”… suona sempre molto bene live.

In “Silence Speaks” avete collaborato con Oliver ‘Oli’ Sykes dei Bring Me The Horizon. Ma se poteste scegliere un’artista in assoluto con cui collaborare (vivo o morto), chi scegliereste?

M: Mmm… Io credo che sceglierei Zack de La Rocha (dei Rage Against The Machine, N.d.R.). Sarebbe veramente figo.

S: Già, è vero… bella scelta. Io sono tentato di dire Rihanna…  Non so come, non so perché. Ma le sue melodie mi piacciono un casino. E poi è una grande figa!

Guarda che poi nell’intervista lo scrivo davvero che ti piace Rihanna eh!

S: Ahahah! Ma non saprei dai… potrei perfino dire Michael Jackson.

Quali sono i vostri progetti per il futuro? Avete già in mente qualcosa per un nuovo album?

S: Sì, certo. Comporre musica penso sia sempre all’interno delle nostre menti. E penso che sia questa una delle cose più belle di stare in una band, ossia creare queste cose nuove. C’è sempre quell’idea del “cosa faremo dopo”.

M: In questo momento della nostra carriera giriamo il mondo in tour proponendo la nostra musica. Ma la cosa fondamentale per noi non è questa, è essere continuamente creativi e comporre la nostra musica. È una cosa che è cambiata rispetto al passato, perché all’inizio non vedevamo l’ora di andare in tour, ora invece diamo maggiore importanza al vero e proprio processo creativo. Se ci pensi, le possibilità sono infinite…
Penso che siamo molto eccitati… ma allo stesso navighiamo in mezzo a un oceano. Non abbiamo per niente idea di quello che verrà fuori!

S: Non lo sappiamo mai! E questo è un bene. Il prossimo album potrebbe essere una vera merda per esempio… non lo sappiamo.

M: Già infatti, potrebbe!

S: Ma noi facciamo solamente cose con cui siamo connessi. E così è stato anche in passato. Perché noi diciamo sì alla musica che creiamo! E questo acconsentire rende la musica quella che è. E anche se è una merda… per noi in realtà non lo è. Perché noi le diciamo di sì! La accogliamo e la accettiamo.

M: Noi siamo una “yes band”!

Grazie mille per la vostra disponibilità. Ci vediamo stasera!

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