ALEPH – Exhumed Alive

by Luca Gazzola

Gli Aleph sono un gruppo bergamasco nato nel 1998 e con all’attivo tre album full length. L’EP in questione, “Exhumed Alive”, contiene quasi esclusivamente brani dal vivo, registrati durante un live tenutosi a Erba, in provincia di Como, nell’ottobre 2016.

Dall’ultimo album in studio, “Thanatos”, pubblicato l’anno scorso, sono stati tratti tre pezzi, mentre un altro, anche se rimaneggiato, è stato preso da “In Tenebra“. Unico pezzo registrato in studio è “Chimera MMXVI“, rifacimento di un pezzo tratto dal secondo album “Seven Steps in Stone”. Salvo qualche errore, sono pezzi molto ben eseguiti, registrazioni e mixaggio non sono male, trattandosi comunque di un gruppo minore in un concerto non immenso con tutti i problemi del caso. Il genere è una miscela di death metal con componenti thrash, tastiere symphonic e intermezzi doom, mentre l’atmsfera è tipica del black metal e del drone, e un pizzico di progressive in alcuni punti espletato come tecnicismo degli strumentisti; il tutto unito a parti melodiche molto gradevoli, soprattutto negli assoli. L’EP si struttura in otto pezzi con una durata variabile dai tre minuti e mezzo ai nove abbondanti.

Tra le canzoni rilevanti:

  • Chimera MMXVI: primo pezzo dell’album. Inizio buono sul thrash andante, poi con il secondo riff fa capolino un fastidioso fischio troppo alto per essere una svista, che sembra voluto ma che non avrebbe senso. Continua in seguito, a volume ridotto ma percepibile. Peccato, trattandosi di un pezzo molto valido tra quelli inediti, lungo nove minuti ma contenente molte varianti tra cui un intermezzo a metà tra symphonic e blues, un’alternanza armoniosa di parti lente, veloci e melodiche, il tutto contornato da una atmosfera cupa. Rispetto alla versione vecchia è più lunga, molto più grintosa e registrata in maniera più pulita.
  • The Snakesong: quarto brano. Tratto dall’album “Thanatos”, è un pezzo veloce e potente soprattutto all’inizio con un intro in stile thrash metal, per poi rallentare relativamente continuando a essere pesante e aggiungendo quell’atmosfera cupa che persiste tutto l’album. Confrontando la versione studio e quella live è difficile scegliere la migliore, ma pare in questo EP gli Aleph abbiano dato il meglio di se stessi.
  • The Old Master: ottava canzone dell’album. Presentazione rapida, poi inizia il tutto. Riff melodici orecchiabili e ritornello epico. Per poter descrivere al meglio questo gruppo basterebbe questa canzone, dove riescono a mettere tutta la loro sostanza (assoli melodici, riff potenti, influenze di più generi) in poco meno di sette minuti.

Rispetto agli album precedenti è stata ridotta la componente progressive, che impazzava nel primo album, ed è stata affinata la componente doom emersa soprattutto nel secondo album che però conservava il problema della ritmica rallentata delle canzoni, compensata poi in questo ultimo prodotto. Dal terzo album invece hanno ripreso, oltre a tre pezzi, l’uso capillare e sapiente delle tastiere e lo stile che contraddistingue gli Aleph: tutti questo rende “Exhumed Alive” la loro pubblicazione migliore (confermato anche dalla critica). Si tratta comunque di un EP piuttosto lungo ma godibile in ogni sua parte.

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