ALICE COOPER – Paranormal

by Dario De Marco

Quando esce un nuovo album di gruppi storici o leggende viventi è chiaro che può far parlare di loro per giorni e giorni come il classico album che non aggiunge nulla di più alla già brillante carriera dell’artista, ma che raggiungerà il suo discreto successo per via del grande nome dell’artista in questione. Sarebbe così per Deep Purple, Black Sabbath, Iron Maiden e non può esser da meno per un mito come ALICE COOPER, alias Vincent Damon Furnier di Detroit. Il maestro dell’horror e dello shock rock, ormai alla soglia dei settant’anni, dimostra di poter ancora dire la sua nel mercato discografico dell’Hard Rock presentandosi nel 2017 con un lavoro tutto sommato abbastanza buono, “Paranormal“. Fin dai primi ascolti di quest’album pare chiaro come lo zio Alice non sia assolutamente interessato alle influenze moderne ma preferisce attenersi ad un sound già ben consolidato in passato, e qui il produttore Bob Ezrin gioca un ruolo fondamentale. Vi sono degli stili che passano dal classico Rock N’ Roll all’Hard Rock anni ’70, a tratti influenzato da sonorità funkeggianti sempre alla vecchia maniera. Tra le tracce non si nota molta continuità, sono abbastanza diverse una dell’altra e ciò dimostra come Alice Cooper sia stato molto bravo nel rendere più interessante e genuina la sua ventisettesima fatica in studio.

L’album si apre con “Paranormal“, la title track registrata insieme a Roger Glover dei Deep Purple, brano oscuro dai tratti Hard Rock anni ’70 molto semplice e incisivo. “Dead Flies” è un pezzo più di impatto dalle ritmiche molto funky. “Fireball” esplora ancora gli anni ’70 sul fronte psichedelico. “Paranoiac Personality” è uno dei pezzi che più mi ha entusiasmato, soprattutto per diversi richiami ai brani di “Billion Dollars Baby” dove le ritmiche rimangono decisamente impresse. “Fallen In Love” è un altro brano con un mood abbastanza incisivo per la presenza di Billy Gibbons alla chitarra, che conferisce ancora una volta quell’ Hard Rock Old Style di stampo settantiano e ritmiche blues. “Dynamite Road” e “Private Public Breakdown” sembrano più brani riempitivi i quali, nonostante le derive Rockabilly, mancano di una struttura significativa, mentre apprezzo il brano successivo “Holy Water” per l’allegria trasmessa e un ritornello efficace e catchy. “Rats” è un altro pezzo di impatto abbastanza breve e diretto, mentre “The Sound of A” è sicuramente quello più azzeccato di quest’album: oscuoa, psichedelico, a tratti pinkfloydiano, ma che comunque richiama il lato più intimo degli anni ’70 e in cui le linee vocali dello zio Alice raggiungono livelli davvero eccellenti (sembra quasi di sentir cantare un giovane uomo, alla faccia del settantenne!). “Genuine American Girl” è un brano quasi nostalgico, molto carino e melodico e la conclusiva “You and All Your Friends” non è da meno con quel ritornello piacevole.

Un buon lavoro quello del caro e vecchio Vincent che ha fatto riscoprire la gioia e la nostalgia degli anni ’70 in un album che non ha troppe pretese ma che, con lo scopo di divertirsi ancora, risulta essere uno dei migliori tra i suoi dischi più recenti.

Tracklist:

1-Paranormal
2-Dead Flies
3-Fireball
4-Paranoiac Personality
5-Fallen In Love
6-Dynamite Road
7-Private Public Breakdown
8-Holy Water
9-Rats
10-The Sound of A
11-Genuine American Girl
12-You And All Your Friends

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