AMANITA VIROSA – Original Plague

by Luca Gazzola

Tornano gli Amanita Virosa dopo quattro anni dal primo album “Asystole”. Si tratta di un gruppo finlandese nato nel 2008 ed esordito nel 2015, autodefinendosi hospital metal. Più che altro si tratta di melodic death metal con influenze symphonic in una miscela equilibrata e non troppo ricorrente, con influenze da gruppi come Northern Genocide. Tra una batteria inarrestabile, una tastiera onnipresente e di peso, come si può riscontrare in gruppi come Nightwish o Epica, e basso, chitarre e voci potenti, una growl e una scream bassa, si ha il quadro completo di questo complesso. Si tratta di un album diviso in 10 brani di una lunghezza costante tra i 4 e i 5 minuti, per una durata complessiva di poco più di 45 minuti pestati e tendenzialmente omogenei.

Tra le canzoni rilevanti:

  • I Walk Away“: seconda canzone dell’album. Contando anche l’intro “Prelude” si hanno sei minuti scarsi. Un pezzo che apre alla grande un album non eccezionale ma comunque godibile, soprattutto all’inizio. Un pezzo in cui la componente symphonic è più marcata e meglio incastrata rendendola una delle migliori canzoni dell’album, e su Spotify si osserva lo stesso, visto il numero di ascolti.
  • Despair Is for the Living“: terzo brano. Un pezzo piuttosto vivace e pestato senza però rinunciare alla melodia, fornita dalla quasi onnipresente tastiera e dalle chitarre che danno prova di bravura nei riff e nell’assolo.
  • Weak, Strong & Wise“: quinta canzone. Si tratta del pezzo più lungo dell’album e, di conseguenza, quello con la struttura più complessa. Anche se, visto il genere, ha un numero di varianti tra riff, ritornelli e bridge ridotti, diventando così un pezzo un po’ troppo uniforme ma ugualmente godibile e non noioso, con giri orecchiabili sia di chitarra che di tastiere.

Rispetto all’album precedente gli Amanita Virosa hanno consolidato il loro stile ampliando la gamma di suoni usati, raffinando e aumentando leggermente l’influenza delle tastiere nella composizione e nel mixaggio finale, senza però sacrificare gli altri strumenti. Se “Asystole” si poteva considerare grezzo melodic death metal con varie influenze, “Original Plague” è la svolta del gruppo dove hanno trovato e assimilato al meglio il proprio stile, ma senza superarsi del tutto rispetto al passato. In poche parole, è un buon album ma non eccelso, ma ha superato quello precedente e potrebbe essere la base di un successivo ulteriore salto di qualità.

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