ATAVISTIA – The Winter Way

by Chiara Simonetta

È un momento decisamente inusuale questo che tutti quanti siamo costretti a vivere, al punto che a fatica si riesce a credere che sia primavera; con il loro secondo album, “The Winter Way” (autoprodotto), in uscita il 29 maggio, gli Atavistia ci riportano al vento, al ghiaccio e al gelo dell’inverno, una costante della loro intera produzione.
La band canadese nasce come progetto solista del cantante e chitarrista Mattias Sippola che, nel 2017, presenta il suo primo album, “One Within The Sun”, un lavoro discreto ma che, ad un primissimo ascolto, appare carente di inventiva, dal momento che sono fin troppo palesi le influenze di altri gruppi affermati già da tempo sulla scena epic/melodic death, in primis i finlandesi Wintersun. In un secondo momento, alla lineup si sono aggiunti Dalton Meaden alla chitarra, D’wayne Murray al basso e Max Sepulveda alla batteria; la formazione, ora al completo, ha dato alla luce con grande entusiasmo “The Winter Way”.

Personalmente, confidavo in un loro ritorno capace di convincere e alzare le aspettative degli ascoltatori, ma purtroppo, nonostante l’evidente impegno e passione profusi in questo secondo full-length, il risultato è stato piuttosto mediocre. È un lavoro ben fatto, armonioso e d’impatto, ma che si presenta, sia sul piano tecnico e musicale, sia sul piano contenutistico, come qualcosa di già ascoltato: atmosfere, sonorità, riff, esecuzioni vocali, richiami tematici presenti in abbondanza nei Wintersun, citati poco sopra, band che sin dal 2004 si presenta come unica e originale in questo genere. Ascoltando diverse volte questo album, ho avuto troppo spesso l’impressione di trovarmi dinanzi ad un calco della band finlandese, per le enormi affinità stilistiche che caratterizzano l’intero lavoro, dalla seconda traccia, “The Atavistic Forest”, all’ultima, title-track. L’ascolto, in sé, è piacevole e godibile per gli amanti del genere, e, nonostante si tratti di sette brani dalla lunghezza non inferiore ai nove minuti di durata (ad eccezione unicamente dell’intro), l’intensità non va disperdendosi. Mattias Sippola dimostra una grande bravura compositiva e abili doti canore, insieme a un incredibile entusiasmo e volontà di farsi spazio nel panorama musicale internazionale. Una vera pecca, purtroppo, la mancanza di originalità e la vicinanza così stretta con le fonti d’ispirazione, che, se da un lato mi frena dal dare un voto positivo a questo album, d’altra parte mi spinge a incoraggiare la band a sfruttare tutto il suo potenziale per imboccare una propria strada lasciandosi alle spalle sentieri già percorsi.

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