BLACK FAITH – Nightscapes

by Matteo Ferro

Definire i Black Faith apocalittici è del tutto riduttivo, se si pensa che nel corso degli anni non hanno mai deluso le aspettative dei fans e di chi (come me) è un vero adepto della fiamma nera nella sua veste più classica e marcia. Ricordo che li conobbi con l’album “Jubilate Diabolo” e mi rapirono subito, primo perché riuscirono a colpirmi in pieno viso con la loro crudeltà, secondo perché fu l’unico disco che continuai ad ascoltare una volta al giorno per mesi e mesi. Ritrovarli al giorno d’oggi con questo nuovo “Nightscapes” è una grande botta che ti lascia senza respiro. I Nostri, infatti, riescono a riprendere per i capelli l’ascoltatore da dove lo avevano lasciato, trascinandolo con estrema potenza fino a lasciarlo morire con quel poco di sangue che ne rimane. Il loro sound è Black Metal al 100% without compromises, ed è proprio questo che li differenzia da molti altri gruppi convertiti a tastiere e melodie prettamente commerciali. Il disco si apre con Obsecratio e (vista la sua durata di 2 minuti e 15 secondi) ci aspettiamo il solito intro terrificante o sospirato. È proprio qui, invece, che i Nostri ci stupiscono da subito: al contrario di molte band del genere, infatti, la traccia iniziale è un’opener bestiale, in cui già trasuda tutta la cattiveria del gruppo. Sin dai primi secondi si può capire che i Black Faith sono pronti a devastare e a vomitare tutto l’odio che li divora interiormente (e pensate che questa è solo l’opening track). Il tempo di immergerci nella seconda Culmination Of Injustice e veniamo catapultati in un mondo intriso di buio pesto e malvagità. La carica esplosiva e distruttiva dei BF è senza eguali, lasciando prendere pieno campo a una batteria e una chitarra al limite della perfezione e della brutalità, contornata da una voce che ti fa spalancare gli occhi dalla carica energica e marcia capitanata da Snarl, devoto a uno scream che ripropone subito l’anima True Black Metal norvegese. Preghiera (Intermezzo) fa rimanere a bocca aperta chi non conosce bene i nostri blackster, visto che la traccia è una vero intermezzo in lingua originale e sono pienamente convinto che molti di voi rimarranno di stucco realizzando chiaramente che i nostri mostri del black sono italiani! Segue Nevereternal ripartenza del disco un po’ più slow con sonorità più horror, che potrei benissimo accostare inizialmente al funerale doom metal, per poi ripartire alla carica con uno scream al massimo della malvagità e a dir poco impeccabile. In Total Disgust parte con dei rintocchi di batteria sul piatto, rievocando il suono di una campana, ed ecco che il massacro riprende vita. Total fucking black metal che mi ha rievocato sin da subito Nargaroth, ma anche gli unici e intoccabili Darkthrone. Throwback lascia spazio sin da subito a una batteria spaziale, una doppia cassa e dei passaggi da far rabbrividire, seguiti da dei riff intrisi di Trash Metal, fino a che la voce non torna dagli abissi infernali, catapultando l’ascoltatore sul ring del black più intransigente e senza vie di scampo, dove si ricevono solo martellate e calci nelle gengive senza limiti. Segue The Shadowline”, che parte inizialmente con un mood dark ambient fino a far riprendere la melodia all’intera band che risulta una vera e propria macchina da guerra per tutti i suoi 9 minuti e passa. These Corridors Spurts Blood è un vero e proprio armageddon, una bomba a orologeria: l’impatto è Nargaroth al 100 % ma anche rievocazioni di Darkthrone, Fimbulwinter, Merrimack, Krypt che fortunatamente riescono ad entrarti nel cervello perché (a differenza delle suddette band) la registrazione è ottima. Nightscapes è un brano che la fa da padrone nell’album. La melodia delle chitarre intrecciate con la voce danno proprio l’idea dei gelidi boschi norvegesi, facendo trasudare tutta la crudeltà e la disperazione di Snarl in un connubio compositivo a dir poco magistrale. Consecarbor è la traccia conclusiva anticipante l’ Outro del disco. Qui ci troviamo al cospetto di un brano del tutto depressive black metal, che i nostri riescono maniacalmente a proporci, visto anche il tempo moderato dal quale emergono gli aspetti più inquietanti del basso oltre che della chitarra. Indiscutibili le rievocazioni di Xasthur, Burzum (“Hvis Lyset Tar Oss” style) ma anche degli Striborg.

Ci sono molti aspetti che mi convincono e su cui mi vorrei ulteriormente soffermare, specialmente sulla tecnica e sulla vena compositiva, ma credo che ogni blackster debba dare libera interpretazione alle proprie emozioni, anche se non può non amare un disco del genere se si definisce tale. In conclusione, affermo che i Black Faith non mi hanno deluso di un millimetro, certo non c’è niente di alternativo né di evolutivo, ma è proprio questo il Black Metal, quello non per tutti e quello che si può definire sincero e TRUE. Per me i Black Faith sono la vera realtà black italiana e non mi sento (nonostante la mia freddezza e rigidità) di tralasciare neanche un millesimo di punteggio. Per me immancabile disco e T-shirt di supporto, la scena Black è qui… tutto il resto è noia o poser!

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