BODY COUNT – Bloodlust

by Riccardo Basso

I Body Count sono una band americana attiva fin dagli anni ’90 che fonde rap e metal assieme: il gruppo è stato formato dal famoso rapper Ice-T ed è innegabile che anche questo abbia aiutato la band a emergere nel corso degli anni. Non essendo un fan del genere ammetto di essermi avvicinato a “Bloodlust“, sesto album della band di Los Angeles, più per le comparsate di Mustaine, Cavalera e Blythe che per il resto. Il disco si apre con la discreta “Civil War” la cui intro ricorda “Endgame” dei Megadeth; il pezzo infatti vede Dave Mustaine comparire per le parti soliste. Se non fosse proprio per il lavoro chitarristico del frontman dei Megadeth, il pezzo sarebbe potuto finire nel dimenticatoio tranquillamente. Con le successive “Sky Mask Way” e “This Is Why We Ride” la situazione non migliora: il problema di questi pezzi è la poca variabilità che li contraddistingue dal punto di vista musicale e la prestazione dietro al microfono di Ice-T che si dimostra estremamente monotona e poco ispirata. Questi primi brani poi, anche dal punto di vista lirico, lasciano perplessi per la loro banalità, ma questa è una cosa prettamente soggettiva. Il fondo però lo si tocca con i remake di “Raining Blood” e “Postmortem“, dove diventa veramente difficile non spegnere lo stereo per l’imbarazzo, soprattutto quando i Nostri coverizzano la seconda. Dopo una prima parte di disco fatta di ombre, paradossalmente la seconda parte dell’album si rivela ben fatta e salva parzialmente questo “Bloodlust“. “Walk With Me” apre la suddetta parte e si rivela uno dei pezzi più interessanti e meno monotoni anche grazie al lavoro dietro al microfono di Randy Blythe che dona grinta al pezzo. Altri due brani interessanti sono i singoli “No Lives Matter“, dove il testo si dimostra finalmente interessante, e “Black Hoodie“, che si dimostra una delle poche canzoni dinamiche del disco. Concludendo, non si può dire che i Body Count abbiamo fatto un buon lavoro con questo album che si salva solo grazie a una seconda parte ben fatta e meno monotona dei primi brani e grazie a una produzione di ottima qualità. L’impressione è che comunque la band americana renda molto meglio live che su disco.

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