BRANT BJORK – Tao Of The Devil

by Tancredi Cassina

È incredibile, Brant Bjork ha il potere di farmi sentire fuori posto: ascoltandolo vorrei esser nato in un altro decennio e in un altro continente, vorrei essere parte del deserto che ispira da decenni il Re dello Stoner. Ebbene sì signori, il Re è tornato. Bastano infatti 60 secondi della “stonerissima” The Gree Heen” a mettere a tacere i miei dubbi sull’artista e la sua The Low Desert Punk Band, inesorabili menestrelli del deserto. Un disco in puro stile Bjork, caldo, avvolgente, a tratti pesante e psichedelico ma senza MAI stufare o appesantire l’ascolto, con una classe estrema che accomuna ogni lavoro del nostro riccioluto eroe.

Eroe che sebbene sia lontano dal suo strumento naturale, e lontano dalle band culto che ha contribuito a fondare e far esplodere, continua a regalare emozioni e grande musica di eccelsa qualità, marchiata dal suo groove inconfondibile. Un vibe quasi unico che scioglie qualsiasi vincolo, qualsiasi tensione, una sorta di medicina per l’anima e per il corpo. Questo Tao Of The Devil è un ennesimo inno al Deserto: chiudendo gli occhi si riesce quasi a percepire il calore del sole, la sensazione della sabbia sotto i piedi e il profumo di Gardenia. I suoni curatissimi e naturali riportano a quegli anni ’90 dorati in cui lo Stoner ha vissuto il suo apice, un sound bello spesso e organico, come si addice all’artista e al genere. Come ci ha abituato sui suoi dischi solisti e nei precedenti capitoli di BBB, Bjork ama mischiare Stoner rock, Traveling rock, Surf Rock e Blues con un lieve soffio di Doom sabbathiano, formula collaudatissima e distinguibile alla prima nota, una sorta di trademark che si ama o si odia.

Musicalmente parlando questo disco è forse un apice di raffinatezza esecutiva per gli standard dell’artista, la cura con cui il tutto è eseguito e composto mi lascia stupefatto. Alla luce dell’avanzare dell’età e della vita da rockstar, il caro vecchio Brant non molla mezzo colpo e serve l’ennesimo capolavoro.

Nota di merito per i testi, sanguigni e diretti, quasi improvvisati e dall’ermetica poesia che sfociano in dichiarazioni d’amore per la propria musica prima e in riflessioni su essa dopo. Vi lascio con una citazione dalla title track, che per me riassume la vita intera di questo Artista che amo definire l’Hendrix della batteria: “I have got the blues, deep in my bones”. Non rimane che attendere il prossimo live a tiro e pregare che rimetta insieme i Kyuss.

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