CELLAR DARLING – The Spell

by Leonardo Cervio

Maledizione è un concetto molto vasto, articolato, oscuro, affascinante: da origini prettamente religiose, si è esteso a tutti gli altri campi del sapere e della conoscenza. E in particolare, nell’arte e nella letteratura è stato sviscerato in tutte le sue possibilità. Sul piano prettamente musicale non si può parlare di maledizione applicata alla musica, quanto alla band: menzioniamo ad esempio i Decapitated, ripetutamente colpiti da tragedie e vicende giudiziarie che ne hanno ostacolato (e impedito) l’ascesa. Oppure ci può venire in aiuto per un altro caso: per quelle band “costola”, formate da membri usciti da un’altra band già affermata, e che hanno provato a intraprendere nuove strade. Percorsi su cui però aleggiava lo spettro della band precedente, certe volte talmente pressante da pregiudicare l’ascolto. Una sorta di maledizione, un limbo da cui uscire era impossibile. Una volta che si veniva marchiati.

Ora: gli Eluveitie non sono certamente dei giganti del metal. Hanno la loro importanza e il loro appeal, ma non sono un metro di paragone così incomodo. Ma era indubbio che, quando nel 2015 Anna Murphy, Ivo Henzi e Merlin Sutter lasciarono la band per fondare i Cellar Darling, un po’ di curiosità c’era. Avrebbero riproposto ancora folk metal? Si sarebbero limitati a proporre la classica formula? “This Is the Sound” fu una risposta chiara per tutti: dimenticavi degli Eluveitie, i discorsi su “band clone” potete infilarveli dove non batte il sole, qua si fa qualcosa di tutto nuovo. L’ombra degli Eluveitie è stata subito spazzata via, la maledizione non si è abbattuta sui Cellar Darling – anzi, forse si è abbattuta sulla band “originaria” – ma anzi: i nostri svizzeri ce ne raccontano una tutta loro.

Una ragazza nata in un mondo pieno di dolore e, dopo aver conosciuto solo che questo, decide di partire per conoscere la vita. Ma, nel bel mezzo del cammino, incontra sua maestà la Morte. E se ne innamora. Storia trita e ritrita? No.

È questo il punto forte dei Cellar. Sia nelle lyrics, sia nel sound, non inventano nulla di nuovo. Lo miscelano in un turbinio di suoni che spazia dal metal, al folk, all’alternative rock, passando per il prog rock anni ‘70/’80, insaporendo il tutto con un tocco di musica classica. E questa volta i suoni sono molto più oscuri rispetto al suo predecessore, vuoi anche per il concept molto dark.

Già con “Pain” i Cellar ci fanno capire come sarà l’andazzo di “The Spell“, un disco che si può definire solo con una parola: emotivo. Come avete potuto modo di leggere nell’intervista con Anna (se va le siete persa, potete recuperarla a questo link), i brani sono stati sviluppati a partire dalla tracklist, dai titoli delle canzoni: mai come in questo caso musica, parole ed emozioni vanno d’accordo. La chitarra di Ivo costruisce melodie molto oscure, ritmi molto cupi su cui il suono diabolico e poetica della ghironda di Anna rappresenta inevitabilmente il marchio della band, nonché il suo punto di forza: a differenza del precedente “This Is The Sound”, la ghironda non è sempre (quasi) onnipresente, in canzoni come “Insomnia la possiamo sentire solo in alcune parti, come nell’assolo. Scelta saggia da parte della band: invece che puntare tutto sulla ghironda, che indubbiamente rappresenta una caratteristica e su cui si potrebbe calcare la mano, i Nostri decidono di considerarla non parte dominante, bensì integrante, dello scheletro della canzone. “Drown” e “Love pt 2” rappresentano l’emblema di ciò: la ghironda è semplicemente determinante per creare l’atmosfera delle canzoni, ci accompagna lentamente a un climax di emozioni che esplode fragorosamente quando la canzone accoglie chitarra e batteria. Queste due tracce, probabilmente tra le migliori del disco, non sarebbero le stesse senza il peculiare strumento: ma lungo esse, la ghironda si fa da parte, lascia alla chitarra di Ivo e alla batteria di Merlin condurre le danze e dettare il ritmo della canzone.

Il trucco dei Cellar è molto semplice: lasciamo da parte i virtuosismi, eccezion fatta per gli assoli di Anna (Dio la benedica!), concentriamoci sul ricreare emozioni, senza eccedere in tecnicismi, ricreiamo l’intesa che c’è tra i tre sul piano musicale. Ascoltando questo disco, si percepisce una certa coesione: la direzione è univoca, un concept oscuro che però non disdegna alcuni momenti più rilassati (come in “Love“, anche se l’innamoramento di cui si parla è nei confronti della morte, ma sempre Amore si tratta, o nella eloquente “Sleep“). Interessante anche la struttura della tracklist: “Sleep“-“Insomnia” e “Death“-“Love” sono un connubio che si ripete spesso, sotto forma di testi… ma anche musicalmente parlando. E a proposito di morte, in “Death” il solo di flauto di Anna riesce a rendere maledettamente affascinante una figura così terribile e infausta.

Ogni volta che parlo dei Cellar Darling, l’unico aggettivo che mi viene in mente per descriverli è “freschezza”: la chitarra di Ivo non disegna melodie trascendentali e superultravirtuose, la batteria di Merlin non si compone di 47 piatti, 24 rullanti… ma combinati insieme, le loro linee musicali vengono quadruplicate.

Anna merita un capitolo a parte. Cosa si può dire di una ragazza dalla voce eccellente già di suo, che sfodera una prestazione senza svabature ma soprattutto emozionante allo stato puro: se cercate una cantante che sappia calarsi alla perfezione in un concept e che al contempo vi regali una prestazione da urlo… beh, la avete trovata. E in “The Spell”, Anna è la vostra storyteller. Storyteller che vi regalerà linee vocali sognanti, grintose, emozionanti, e degli assoli di ghironda che vi faranno uscire di testa, chiedendovi come sia possibile inserire uno strumento così tradizionale e “fuori moda” in contesti musicali del genere.

Vi serve altro per convincervi ad ordinare subito questo album? Un album che trascende i generi musicali, una ventata di nuovo in un ambito musicale che fa dell’evoluzione un suo mantra: i Cellar Darling hanno in serbo per voi la più emozionante ed appassionante storia di innamoramenti mortali, a voi il pass per questa esperienza ultrasensoriale.

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