ELVENKING – Secret Of The Magick Grimoire

by Dario De Marco

Per i friulani Elvenking, dopo tre anni di silenzio dal loro capolavoro più completo e strutturato “The Pagan Manifesto”, è arrivato il momento in questo tardo 2017 di introdurre il nono capitolo della loro carriera: “Secret Of The Magick Grimoire“, album che presenta i tratti caratteristici e consolidati della formula dei friulani adottata da “Heathenreel”, “The Winter Wake” e “The Scythe”, una specie di ritorno al passato con un Power Metal dai tratti potenti con intrecci epici e melodici. Il songwriting è magico e fantasioso, arricchito di sfumature folk e parti orchestrali composte dall’ospite di onore, Johnny Maudling (già collaboratore con i My Dying Bride), dove gli archi offrono una bellissima componente oscura e malinconica in contrapposizione alle melodie giocose. Il fry di Damnagoras è come sempre impeccabile, accompagnato anche da duetti con voci growl e femminile, tra cui Angus Norder dei Witchery. “Secret Of The Magick Grimoire” è l’ennesima dimostrazione di una formula conclamata ed efficiente per creare quelle atmosfere fiabesche in cui qualsiasi amante del fantasy può rifugiarsi con la propria mente, slegandosi da regole tradizionali e lasciandosi trasportare nel mondo del grimorio, ovvero in una serie di connessioni tra magia e musica.

L’oscura intro “Invoking the Woodland Spirit” ci trasporta immediatamente in quel mondo surreale degli spiriti della foresta dove un ritornello di voci oscure e minacciose si innalza e accompagna una splendida parte orchestrale. Si passa poi al primo vero brano, molto energico, “Draugens Malestorm“, con gli assoli di chitarra che abbracciano le orchestrazioni e la bellissima voce di Damna che rende ancora tutto più magico insieme ai cori, il growl di sottofondo e l’arpeggio finale. Ben più ritmata e delicata è la successiva “The One We Shall Follow“, introdotta dal violino di Lethien e dagli arpeggi che si allacciano poi alle varie orchestrazioni, sempre suggestive, e ad un susseguirsi di cori epici nel ritornello che accompagnano il cantante. “The Horned Ghost and the Sorcerer” è una delle migliori tracce del disco, dove emergono melodie folkloristiche e medievaleggianti con il violino che gioca un ruolo molto decisivo insieme ai cori immancabili e ottimi passaggi acustici. “A Grain of Truth” riprende invece il lato più pesante e aggressivo con le chitarre decisamente più in stile Heavy e un ottimo duetto tra Damna, il growl di Norder e una bellissima voce femminile che porta ad un alternarsi di melodie delicate e sound più oscuri e drammatici. “The Wolves Will Be Howling Your Name” ritorna al Folk, introdotta da violino e chitarra acustica, per proseguire con un potente drumming che si accompagna a riff aggressivi e ai cori in un susseguirsi di atmosfere suggestive fino ad arrivare al bellissimo assolo finale accompagnato dalle orchestrazioni, tenendo fede sempre quell’idea del “magico” continuamente evocata. “3 Ways to Magick” è un brano che sa molto di anni ’90, ricordando una perfetta fusione tra i migliori Skyclad e i Blind Guardian, alternando perfettamente sia i lati Folk che quelli decisamente più Power. “Straight Inside Your Winter” è un brano che parte in maniera più lenta e fredda, sostenuto dal valzer malinconico del violino di Lethien sempre più protagonista, ma che poi prende la giusta carica emotiva inserendo cori sempre più maestosi. In “The Voynich Manuscript” i ritmi si incattiviscono e tirano fuori tutta la grinta del gruppo in uno dei migliori brani, tra i più aggressivi della loro intera discografia con il cantato di Damna che diviene decisamente più graffiato. “Summon the Dawn Light” ritorna a dare ampi spazi a melodie più allegre e la potente “At The Court of The Wild Hunt“, il brano più lungo e completo dell’intero disco, nonché il capolavoro, riassume un po’ tutte le caratteristiche già trovate nelle altre tracce: tratti Power con batteria in grado di picchiare al punto giusto, intrecci di melodie veloci e aggressive, improvvisi cambi di atmosfera dai lati malinconici, cori minacciosi e growl. Brusca interruzione sul finale con nuovo cambio di atmosfere verso passaggi più lenti e lirici, che ci accompagnano al brano finale “A Cloak of Dusk“, acustico e malinconico da un lato ma che trasmette una piacevole armonia con le due voci.

In conclusione possiamo dire che questo “Secret Of The Magick Grimoire” è davvero un gran bel lavoro, competo sotto ogni punto di vista, che ricorda molto di più i primi lavori del Re Elfico. Unisce perfettamente le atmosfere Folk e Power, forse tendendo di più verso quest’ultimo, ma non mancano passaggi acustici decisamente interessanti. Un gradevole ritorno nel panorama musicale e un ritorno alle origini con la maturità acquisita con l’esperienza!

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