FALLUJAH – Undying Light

by Edoardo Grieco

Undying Light” è il quarto album dei californiani Fallujah, pubblicato il 15 marzo 2019 attraverso Nuclear Blast, contiene dieci tracce e ha una durata di circa 45 minuti. Per quanto riguarda il genere, si tratta di progressive death metal, ma non in senso stretto: sono presenti elementi tech-death e atmosferici che cambiano la dinamica e la fluidità delle canzoni e, in generale, la struttura dell’intero album. La compresenza di questi due generi, unita al nucleo progressive death dell’album, ci fa intendere come questo non si tratti di un tipico album unilaterale, bensì di uno che permette alla band di cambiare leggermente la propria traiettoria durante il percorso sonoro.

Ciò esalta non solo la musica ma anche i testi, specie se l’intero album verte intorno a temi come la società di massa, il consumismo, i social media e il narcisismo, mettendo in discussione il modo in cui percepiamo l’Inferno. Questo tipo di tematica, unita all’esoscheletro progressive death dà quasi l’impressione che la musica stessa stia evocando il testo. È un album uniforme: a differenza di molti altri non presenta tutte le canzoni più pesanti all’inizio, per poi scemare leggermente alla fine; si tratta di un album ben bilanciato con sprazzi di differenti generi cuciti all’interno del tessuto del lavoro. Anzi, si potrebbe dire che l’album diventa più interessante verso la metà, poiché iniziano a rivelarsi nuovi motivi che rendono ancor più intricato il processo di stesura del lavoro: pare che gli elementi tech-death e quelli atmosferici giochino su se stessi, ognuno valorizzando l’altro. Dal punto di vista del cantato, si tratta del primo lavoro del nuovo cantante Antonio Palermo, che propone uno stile che non pecca di aggressività, anzi, il suo è un tipo di aggressività che gioca sulle emozioni. In casi come questi, è più importante l’emozione che traspare del testo piuttosto che la violenza dello stile canoro. In linea di massima, è un tentativo ben riuscito: se dovessimo riassumere l’intero album in tre aggettivi questi sarebbero aggressivo, pesante ma emotivo.

Tra le tracce più apprezzate, troviamo “Last Light“. Questo brano gioca sulla dualità melodia-aggressività: l’ultima entra in gioco esattamente quando inizia il cantato. La maggiore durezza infatti è conferita non solo dallo scream, ma anche dalla batteria, che picchia a sua volta, mentre le due chitarre mantengono un mix piuttosto equilibrato. È anche possibile scorgere dei tratti melodici insinuati nei riff di chitarra più massicci. Sembra quasi che l’intera canzone sia una battaglia tra il bene e il male, il bene presentato dalle melodie eteree delle chitarre, mentre il male dalla veemenza delle voci e della batteria. È molto apprezzabile anche il modo in cui il basso è messo in risalto: non è solo un sottofondo, ma viene portato in prima linea, conferendo un’anima melanconica al pezzo.

Un’altra canzone degna di essere menzionata è “Sanctuary“. L’esplosività di questo brano, scaturita da riff di chitarra ben strutturati e dalla batteria dura e insistente, è soprattutto dovuta alla sua carica emotiva; si potrebbe affermare che questa canzone sia quella più densa di emozioni, ovvero quella che trasmette drammaticamente ed efficacemente il tema principale dell’intero album. A mio avviso, è la robustezza del brano ad apparire in rilievo rispetto alla componente melodica. 

Sicuramente la più interessante dell’album e “Distant and Cold“. È una canzone unica nel suo genere, senza precedenti nell’album. Assume l’intelaiatura di una canzone progressive doom; il cantato pulito ed evocativo è come se stesse per esplodere, per poi rimanere sempre sotto la soglia degli altri strumenti. Presenta un tempo molto lento e cadenzato che non accelererà mai, conferendo un’atmosfera dark al brano. L’approccio che i Fallujah hanno adoperato è affascinante a dir poco, risultando in un brano efficace e potente.

In conclusione, l’eccellenza dimostrata in “Undying Light” avrà sicuramente fugato le preoccupazioni dei fan riguardo i recenti cambiamenti di lineup. La sua ampia veduta, la volontà della band di rimanere fedele al concetto di “canzone” e l’attutimento volontario dei virtuosismi hanno reso quest’album la più sorprendente release del 2019, almeno fino ad ora.

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