FIVE FINGER DEATH PUNCH – A Decade Of Destruction Vol.2

by Riccardo Basso

Negli ultimi anni i Five Finger Death Punch non sono decisamente rimasti con le mani in mano, tra il 2019 e il 2020 la band di Las Vegas ha pubblicato due best of e un nuovo album (qui la recensione). Quella che andremo a recensire oggi è la seconda delle due raccolte intitolata “A Decade Of Destruction Vol. 2“.
Se il primo volume uscito lo scorso anno, intitolato appunto “A Decade Of Destruction Vol.1“, raccoglieva i classici pezzi presenti nelle setlist della band americana, questo secondo volume invece va a riesumare brani più lenti e include una serie di remix e rivisitazioni (quattro pezzi su diciassette) delle quali si faceva volentieri a meno. Sarebbe stato più interessante se i Five Finger Death Punch avessero invece dato spazio a dei pezzi dell’ultimo “F8” o a qualche gemma nascosta come “Ain’t My Last Dance” o “100 Ways To Hate“. Questa raccolta alterna canzoni più famose come “Never Enough“, “The Pride” e “Sham Pain” a pezzi che la band americana aveva trascurato nell’ultimo periodo come “Cradle To The Grave” e “Hell To Pay“. Il best of è prettamente rivolto ai collezionisti e a coloro che magari vogliono conoscere meglio il gruppo capitanato da Zoltan Bathory e Ivan Moody, magari acquistando entrambi i volumi che lo compongono. Degno di nota è senza dubbio l’inedito “Broken World“, primo pezzo registrato assieme al nuovo chitarrista Andy James che è andato a rimpiazzare Jason Hook. La canzone in questione è sulla scia dell’ultimo “F8” e ha un taglio molto aggressivo che fa ben sperare per il ritorno a sonorità più dure da parte dei Five Finger Death Punch.

“A Decade Of Destruction Vol. 2” è una raccolta che, come la prima parte, è stata fatta probabilmente per motivi contrattuali e per ovviare all’impossibilità di andare in tour e promuovere il nuovo disco uscito a febbraio di questo infelice 2020. Il disco serve a tenere caldo il nome del gruppo di Las Vegas e onestamente la sua pubblicazione, almeno per chi scrive, è stata abbastanza inaspettata. Il disco merita comunque la sufficienza in quanto i pezzi al suo interno sono oggettivamente di alto livello e l’inedito è veramente ottimo, ma è difficile andare oltre in quanto non sembra la band ci abbia messo troppo impegno, tanto che si sentono le differenze a livello di suono tra le canzoni. Una cosa che infatti balza subito all’orecchio è la differenza di produzione tra i pezzi pre “American Capitalist” e quelli successivi; onestamente passare da “Hell To Pay” con la sua produzione pompata a “Never Enough”, che invece ne ha una più grezza e diretta, fa un certo effetto.
Se siete collezionisti o tra le persone che non conoscono i Five Finger Death Punch e volete dargli una possibilità, l’acquisto di “A Decade Of Destruction Vol. 2” (assieme al primo volume) è senza dubbio consigliato, altrimenti conviene aspettare la prossima raccolta di inediti.

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