FORBIDDEN SEASONS – Promise

by Luca Gazzola

I Forbidden Seasons sono un gruppo italiano recente, nato nel 2016 ottenendo un successo praticamente fulmineo con l’EP “Paramnesia” (uscito l’anno scorso) e qualche singolo, pubblicati sotto l’egida della Time to Kill Records. Sempre nel 2017 hanno partecipato al Cry Excess in Russia, proseguendo per varie date in un tour che ha toccato le città più grosse del Paese. È di poco più di una settimana fa l’uscita della loro ultima fatica, “Promise“: il genere è metalcore con una forte componente melodica, con un equilibrato bilanciamento tra parti lente da post metal, in intro e bridge vari, e parti pesanti tra riff e breakdown. La batteria dispensa martellate continuamente, il basso dà profondità al suono insieme alle tastiere che hanno un ruolo rilevante, ma senza scadere in una discutibile mistura symphonic-metalcore, lasciandola quindi come un’influenza ancora marginale; le chitarre scandiscono i riff obbedendo alla batteria, mentre la voce (o meglio le voci), coprotagonista dell’album, passa agevolmente dal pulito allo scream, che rasenta quello del cantante dei 30 Seconds to Mars, fino al growl. Per essere metalcore la voce in pulito è fin troppo presente, mentre la durata è usuale: dieci canzoni di una durata che oscilla dai tre minuti abbondanti ai quattro minuti e mezzo, per una durata complessiva di circa 38 minuti.

Tra le canzoni rilevanti:

  • Thank You for the Venom“: secondo pezzo dell’album. Sommariamente si tratta di un album piuttosto omogeneo a parte il finale, per cui scegliere dei pezzi rilevanti non è stato semplice, a parte in questo caso. Un pezzo piuttosto complesso come struttura nonostante sia lungo solo 4 minuti, ma che riassume nel complesso chi sono i Forbidden Seasons;
  • Promise“: decimo pezzo. Un pezzo riconoscibile in cui si sente particolarmente il peso delle tastiere (come anche in “The Rejected“), oltre a essere inconfondibile per i brevi dialoghi all’inizio e i monologhi nelle pause. In questo pezzo, inoltre, prevalgono le voci pulite molto più che negli altri.

Rispetto a “Paramnesia”, nei Forbidden Seasons non ci sono stati sostanziali cambiamenti, lo stile inconfondibile è rimasto pressoché costante; si tratta però di un album fluido e pestato allo stesso tempo, che scorre senza alcun freno o incertezza ma difetta di quell’effetto a mo’ di pugno nello stomaco tipico del genere core, compensato con parti melodiche frequenti e piuttosto gradevoli. Sconsigliato ai puristi che potrebbero storcere il naso in varie occasioni, raccomandato per chiunque voglia avvicinarsi al metalcore in modo graduale.

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