INTERVALS – The Way Forward

by Alberto Olivi

Eccoci ad ascoltare un nuovo disco partorito da Intervals, aka Aaron Marshall. Sul suo profilo Instagram lo si vede spesso in compagnia di personaggi come Tosin Abasi (Animals As Leaders) e Plini… e negli ultimi rispettivi dischi di questi, l’amicizia tra artisti si fa sentire e non poco: ognuno influenza gli altri a modo suo, che sia a livello di idee compositive, di sound o di atmosfere, creando di fatto a mio parere un nuovo tipo di musica.

Parto col dire che questo “The Way Forward“, ad un primo ascolto sembra un disco posato, tranquillo, dove si può respirare tranquillamente e rilassarsi. Ma se si comincia ad analizzarlo più a fondo (e se siete pure voi musicisti ancora meglio) possiamo trovare una competenza musicale ed una conoscenza dello strumento davvero strabiliante. Stiamo parlando ovviamente di un lavoro interamente strumentale e Aaron Marshall con la chitarra ci sa fare, non la suona, lui gioca e crea emozioni meglio di chiunque altro. Parlavo prima delle influenze degli altri musicisti: gli Animals As Leaders sono diventati iconici del panorama djent con i loro suoni chirurgici ma pesantissimi, e si sente la loro aura in “Rubicon Artist“; Plini, ragazzo australiano, ha contaminato il buon Aaron con le sue melodie sognanti e possiamo ascoltarle in “A Different Light“. Tutto questo condito dal meraviglioso gusto estetico e dalla sua conoscenza dell’armonia a generare un disco che possa piacere agli ascoltatori casuali, ai metallari incalliti, ai fan del progressive.

Qui dentro c’è tutto per tutti: la produzione è spaziale, i suoni di tutti gli strumenti sono curatissimi, dal riverbero del rullante al piccolo synth di atmosfera; la composizione è ottima e pur non essendo troppo complessa (alla fine è sempre un disco di stampo prog) riesce a tenermi attento per tutta la durata del disco; gli arrangiamenti sono funzionali al brano e variano nel disco, possiamo sentire solo chitarre così come pianoforti, e tutti gli strumenti “classici” non mancano comunque di dire la loro: non me la sento di definire questo lavoro un disco chitarristico. C’è il pop, c’è il metal, c’è il progressive, c’è il jazz e c’è la fusion.

Bravi i musicisti degli Intervals e bravo Aaron, non è facile fare un album strumentale che resti interessante dall’inizio alla fine.

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