NATURE MORTE – NM1

by Sara Di Gaspero

I francesi Nature Morte debuttano per la nostrana Argonauta Records con un album veramente ottimo. Tenendo come base il più classico post-black metal, lasciano che diverse influenze si fondano insieme a creare “NM1“. La scelta del titolo è tutto sommato simpatica: le iniziali del nome della band accompagnano il numero 1, a rappresentazione del loro primo lavoro.

Come ultimamente sembra essere la tendenza principale, i Nature Morte hanno scelto di non rivelare né le loro identità né possibili nomi d’arte, lasciando che a parlare quindi sia esclusivamente la musica che producono. Di loro si sa solo essere un trio basato a Parigi e praticamente null’altro, seppur non abbiano paura di mostrarsi in sede live. L’album è composto da solo quattro canzoni, però dalle durate comprese fra i sei e dieci minuti abbondanti, arrivando a poco più mezz’ora di musica. 

Throught the Perfection of Your Nothing” ci accoglie con una splendida chitarra leggermente distorta, una batteria già furente e un cantato tipicamente black metal. L’atmosfera è immediatamente inquietante ma maestosa ad un tempo, arricchita dal caratteristico gelo nero, con una batteria molto interessante. Un momento più calmo lascia respirare la canzone verso la metà, riprendendo man mano forza e velocità. Del puro black metal esplode quindi, rallentando quasi completamente e sfiorando appena il funeral doom. La traccia più bella a mio giudizio è indiscutibilmente “Till Love Do Us Part“, un brano che inizia con delle delicatissime note di chitarra, mantenendo poi questa caratteristica avanzando man mano, ammantando l’ascoltatore di un’eterea malinconia. Il basso udibilissimo in questa parte è un’unica nota ripetuta, una specie di muro di suono a ricordare le vere intenzioni dell’album. La chitarra infatti inizia a diventare via via più aggressiva, permettendo anche al basso di slegarsi e alla batteria di dar sfoggio delle sue capacità. Si ritorna quindi al black metal, fino ad un’interruzione a metà brano che ritorna all’atmosfera d’inizio. Di nuovo la canzone assume man mano toni più tesi, riprendendo quindi con delle leggere sfumature post hardcore che non stonano affatto. La conclusione viene affidata alla lentezza e pesantezza tipica del doom metal, seppur mantenendo quella vena che la caratterizzava finora. Una vera perla, assolutamente imperdibile. 

Nella seconda metà dell’album troviamo “Grief“: dopo il feedback acustico delle chitarre si lascia parlare il basso, riportandoci in un’atmosfera più greve e quasi ansiogena. Le chitarre amplificano ulteriormente questa impressione, dando vita ad una canzone che sembra riprendere il gusto doom della precedente, trascinandosi pesante e lugubre. Un’altra pausa verso la metà ci illude di un cambio di ritmo o di atmosfera, invece questa rimane sempre la stessa, prima di alcune leggere note di sola chitarra a smorzarla, in un breve intermezzo. È qui che la batteria, simile a dei colpi di arma da fuoco, stravolge completamente l’atmosfera insieme alla chitarra, di nuovo dura e aggressiva: ritorniamo con i piedi per terra. Il finale riprende in parte l’introduzione del pezzo, forse peccando di fantasia ma tutto sommato regalandoci un ottimo ascolto. La fine viene affidata a “Black Pram“, la più lunga dell’album. È un’altra chitarra particolarmente leggera ad aprire le danze, creando un’atmosfera molto diversa da quelle provate finora, il che è senz’altro una piacevole sorpresa. Un’illusione? La batteria infatti ci riporta ad un tipico brano black metal, se non fosse per questa leggerezza che rimane presente (reminiscente senz’altro di alcuni brani dei Mgła). Dopo un’altra sezione quasi spensierata, la batteria e l’atmosfera di conseguenza s’incupiscono d’un tratto, riprendendo però dopo poco dove eravamo rimasti. Questi due climi così diversi si contrappongo per tutta la durata del brano, permettendo ad altre leggere sfumature post hardcore di venire alla luce in alcune parti (specialmente nel bell’assolo a tre minuti circa dalla fine). Il finale, estremamente leggiadro, si conclude con le ultime, pesanti note di basso, in un’interessante opposizione. 

A dirla tutta, “NM1” si può riassumere nel famoso detto “niente di nuovo sul fronte occidentale”: la band ha scelto di procedere con i piedi di piombo. Senz’altro ci viene offerto quanto di più classico ci possa essere nel genere, però le varie sfumature chiaramente rintracciabili nell’arco dei brani non lasciano assolutamente indifferenti. Interessante secondo me la scelta di questa linea vocale da un certo punto di vista eterea, nel senso che sembra rimanere sempre in secondo piano rispetto agli altri strumenti, quasi come gradevole sottofondo e non quindi punto focale delle canzoni. Onestamente dai Nature Morte mi aspetto in futuro una crescita esponenziale, date le caute premesse; solo il tempo ce lo dirà. 

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