SINSAENUM – Repulsion For Humanity

by Riccardo Basso

Repulsion For Humanity” è il titolo del secondo album dei Sinsaenum, all star band che conta tra le sue fila Joey Jordison, Attila Csihar e Frederic Léclércq. Il genere proposto dal gruppo è un death metal con sfumature thrash e black, senza però disdegnare delle incursioni musicali in casa Slipknot. Il gruppo, fin dalla sua nascita nel 2016, ha destato molta curiosità, la quale si è però dissipata dopo il primo disco (abbastanza piatto).
Questo “Repulsion For Humanity” riprende esattamente da dove ci aveva lasciato il precedente “Echoes Of The Tortured”: un death metal macchinoso e di mestiere. Ascoltando il disco, infatti, si avrà più volte l’immagine mentale di un elefante in una cristalleria, poiché questa nuova prova in studio ne è l’equivalente musicale: pezzi allungati all’infinito, riff ingombranti e brani spesso senza una logica. Il disco si apre con la title-track che vuole essere un omaggio ai primi Slipknot, senza però avere il dinamismo della band dell’Iowa. Il primo brano interessante è “I Stand Alone“, pezzo lento che punta tutto sul groove ricordando moltissimo i Pantera, soprattutto nei ritornelli dove sembra di sentire Anselmo cantare. Discorso opposto lo si può fare invece per “Manifestation Of Ignorance“, canzone dall’incedere doom che inizia in maniera magistrale con Attila veramente sul pezzo ma che scade nel banale nella seconda parte grazie a una serie di accelerazioni e assoli rubati agli Slayer.
Risulta veramente difficile trovare qualcosa di positivo in questo album, che è la dimostrazione di come il non voler essere né carne né pesce non paghi. I Sinsaenum vengono veramente da contesti troppo diversi musicalmente parlando, e questo si riflette sulla proposta musicale che è un’accozzaglia di riff triti e ritriti, senza mordente e che portano presto alla noia. A questo poi si aggiunge un minutaggio proibitivo di più di 60 minuti che, in questo caso, non aiuta per niente.
Il problema di questo “Repulsion For Humanity” è dato dalla mancanza d’identità della band stessa, con i Nostri che vogliono tenere i piedi in più scarpe (molte), e il risultato è un disco senza un’identità dove nemmeno l’essere musicisti di spessore aiuta, perché se è vero che qualcosa funziona, tipo gli innesti melodici in “My Swan Song“, spesso e volentieri ci si trova davanti a brani costruiti senza alcuna logica. Risulta veramente difficile consigliare a qualcuno questo album.

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