TESSERACT – Sonder

by Leonardo Cervio

Tesseratto: tutto e niente. Al sentire questo termine, la prima vostra reazione sarà: “Che cos’è un tesseratto?” Domanda a cui mi è difficile rispondere personalmente, data la mia relativa ignoranza in matematica, e per questo mi avvarrò di quel magico strumento che è Internet. Un tesseratto “è un ipercubo quadridimensionale, forma geometrica immersa in 4 dimensioni composta da 16 vertici, 32 spigoli, 24 facce quadrate e 8 facce tridimensionali cubiche”: questo oggetto non si può intendere concretamente nella realtà quotidiana e nella nostra dimensione, ma se ne possono comunque studiare le proprietà matematiche e geometriche. E questo discorso si può estendere pure ai TesseracT: cometa a sé stante che sfugge alle catalogazioni ordinarie e si muove su orbite sconosciute ai più, ritorna a tre anni di distanza dall’ultima apparizione, e ogni volta è diversa dalla precedente, presentando lati che non aveva mai mostrato prima d’ora.

E anche questa volta la cometa porta con sé novità non indifferenti. La prima è la durata della sua apparizione, più corta che mai con i suoi 36 minuti, ma in questo breve periodo di tempo sarete in grado di osservare tutte le facce della cometa, ovvero tutte quelle che avete visto nelle tre volte precedenti, più la faccia che non si era mai mostrata fino ad ora. Perché con “Sonder i TesseracT stabiliscono un ponte multidimensionale tra il passato, il presente ed il futuro della band: il primo concept album dei cinque musicisti di Milton Keynes racchiude tutta l’evoluzione della band, progenitrice del djent (tanto di moda ultimamente) quanto creatrice di atmosfere eteree e sognanti che lasciano spazio all’emozione sui tecnicismi. La traccia d’apertura “Luminary” è la combinazione perfetta tra i due corsi della band: riff granitici e carichi di groove all’inverosimile si alternano più volte con la voce ultraterrena di Tompkins, intorno a cui la band crea un’atmosfera sospesa pronta ad esplodere in un ritornello da cantare a squarciagola. RITORNELLO A SQUARCIAGOLA? I TESSERACT SI STANNO COMMERCIALIZZANDO?! Aspettate, vi invito a passare alla traccia successiva, la tormentata “King“: il basso di Amos Williams è molto più presente che nell’opener (ed è sempre cosa buona e giusta), le chitarre disegnano un’atmosfera psichedelica stoppata dall’ennesimo intermezzo melodico. Intermezzo melodico che viene letteralmente spezzato via da una delle novità più inaspettate di “Sonder”, ovvero il growl: Tompkins abbandona per un momento il suo splendido cantato pulito in favore di una cattiveria che dona nuova linfa alla canzone e all’album.

La traccia appartiene palesemente all’universo djent, insieme a “Juno“, probabilmente il pezzo meglio riuscito del disco: nonostante si ricolleghi ai primi album della band, l’orbita della meteora TesseracT sembra raggiungere ora luoghi più oscuri, ancora inesplorati, dipingendo un progressive dalle tinte più tenebrose, ma emozionanti come non mai. Ascoltare per credere il bridge tra 2:30 e 3:40, che prepara il tappeto a un’accelerazione perfetta per tempistica, composizione e vocalità; da segnalare, ancora una volta, la prestazione di Wlliams al basso, vero collante della band in questo brano e che si concede il lusso di deliziarci con sezioni in slap.

In questa parte centrale del disco si entra in una dimensione più intima, in particolare con la successiva “Beneath My Skin/Mirror Image“, e con la musica pure i testi si fanno più introspettivi: il titolo dell’album fa riferimento a quel particolare sentimento che scaturisce quando un soggetto capisce che ogni persona ha una propria vita e una propria storia, e non sono delle semplici comparse/protagonisti della Nostra storia. Accettare questa visione significa uscire dalla propria dimensione egoistica, dove sono varie vite che si incrociano, non la nostra che si interseca e influenza le altre: a livello musicale la traccia è molto più riconducibile al pianeta “Polaris”, dove l’emozione ha il sopravvento non sulla potenza, non sulla violenza, ma sulla musica. Buona parte del brano trascende il genere heavy metal, trascende i generi musicali, per attestarsi su un livello superiore: la voce di Tompkins è delicata come non mai, la tela ritmica composta dal batterista Postones è di una bellezza e di una precisione cristalline, su cui il basso e le chitarre possono cucire minuziosi arpeggi e ricami. Non sarebbe una traccia TesseracT se non avesse la ripartenza finale, ma è solamente la parte finale del viaggio: un viaggio alla realizzazione del sonder, di come non siamo al centro dell’universo ma, come una cometa, siamo in continuo divenire.

A conclusione dell’apparizione, l’altro momento da immortalare è “Smile“, rivisitata per l’occasione (già pubblicata nel 2017): l’intro della canzone, con il suo pesante incidere, crea un contrasto non indifferente con la traccia che l’ha preceduta. La traccia per struttura è simile all’opener “Luminary“, con un’aura molto più oscura ed elettrica, grazie a un Tompkins che rispolvera il growl per l’occasione: la coda della canzone è la conclusiva “The Arrow“, che gradualmente ci accompagna alla fine del viaggio e dell’apparizione con una coda strumentale a sfumare, come la coda di una cometa che diventa più luminosa che mai quando passa in prossimità del Sole.

E pure la cometa TesseracT è più luminosa che mai: al quarto passaggio dimostra di essere ancora una volta una fonte di studio e di curiosità imprescindibile e sorprendente. “Sonder” è un microcosmo dìnell’universo della band, i cui protagonisti regalano una prestazione musicale di primo livello, supportati da una produzione che regala una pulizia dei suoni esemplare. L’augurio (e la speranza) per il futuro è che la cometa TesseracT non condivida il destino delle altre sue compagne, che hanno vita breve: nel frattempo, regalatevi un biglietto per un viaggio interstellare, breve ma intenso.

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